Mery
Orbetello

Visite turistiche

"Fino al 1930 si entrava in città, titolo che Orbetello ebbe da Siena, passando per un ponte levatoio, quasi camminando sull'acqua. Infatti la sua cerchia delle mura saliva dalla laguna e gli Spagnoli avevano scavato, immediatamente al di là dei bastioni, un largo fossato che univa i due specchi lagunari isolando Orbetello dalla terraferma. La cittadina era un'isola sorgente dalle acque, ed Anadiomene la chiamò infatti un suo eclettico figlio, Raffaele del Rosso, il quale la sognava porto di Roma. Per i vecchi orbetellani era invece la "Piccola Venezia", e a chi faceva loro notare che, forse, nell'appellativo traspariva un po' di presunzione, rispondevano con modestia di non avere mai pensato che Venezia fosse...la grande Orbetello!" Città di Anadiomene quindi, "città che sorge sul mare", Orbetello forse nasceva già durante l’età del bronzo e il disegno della storia si perde nei secoli, dalle tracce etrusche, romane, medievali fino al grande momento dello Stato dei Presidi Spagnolo. La cittadina sorge nel mezzo di una laguna ed è unita al Monte Argentario tramite una strada costruita nel 1841 su un terrapieno artificiale (la Diga), che ha diviso la laguna in due specchi d’acqua, la Laguna di Levante e la Laguna di Ponente. Due lingue di terra, dette Tomboli della Feniglia e della Giannella, che offrono al visitatore diversi chilometri di incantevoli spiagge. La posizione naturale di Orbetello è fuori dal comune e questa sua particolare conformazione geografica l’ha sempre resa ambita terra di conquista. I primi abitatori della zona furono gli etruschi (fin dal VII secolo a.C.) che, intorno al V secolo a.C., eressero mura difensive nell’area dell’attuale centro storico, ancora visibili. Il territorio passò nel 273 a.C. sotto il controllo dei Romani che vi fondarono la colonia di Cosa (Ansedonia). Della città di Orbetello per un lungo periodo storico non si hanno notizie precise fino all'anno 805, data in cui nella Bolla Leonino-Carolingia Carlo Magno e papa Leone III la donarono all'Abbazia delle Tre Fontane. Tra il XIII e il XVI secolo fu dominio degli Aldobrandeschi, di Orvieto, degli Orsini e, infine, della Repubblica di Siena. Sotto la dominazione senese, nella laguna erano stati eretti nove grandi mulini, poi restaurati dagli spagnoli e successivamente distrutti: uno solo è ancora ben visibile appena fuori Orbetello. Dopo la sconfitta di Siena da parte dei Medici, nel 1557 Orbetello divenne capitale dello Stato dei Presidi sotto il controllo spagnolo. Gli spagnoli la trasformarono in un’importante base navale e realizzarono diverse strutture fortificate che caratterizzano ancora il territorio. Invano assediata dai francesi, nel 1707 agli spagnoli subentrarono gli austriaci e, successivamente, nel 1737, i Borboni di Napoli. Nel 1801 Napoleone la riunì al Regno di Etruria, poi soppresso nel 1807, anno in cui fu restaurato il Granducato di Toscana di cui Orbetello entrò a far parte. Questa decisione fu confermata anche dal successivo Congresso di Vienna (1815) per poi essere annessa, come tutta la Toscana, al Regno d’Italia nel 1861. Dalla Laguna di Orbetello, tra il 1927 e il 1933, partì Italo Balbo con uno squadrone di idrovolanti per le sue quattro crociere aeree. Orbetello è situata proprio di fronte al Promontorio dell'Argentario in una posizione così particolare da ricevere, nel corso del tempo, diversi nomi. La cittadina, grazie alla sua posizione geografica nel mezzo della tranquilla laguna, costituì sempre per i naviganti del passato un valido rifugio, protetto dalle traversie del Libeccio e del Ponente. Per questo motivo ebbe scambi e commerci fiorenti durante il periodo etrusco. Tuttavia, nel periodo che va dal 1557 al 1707, la città visse il suo massimo splendore come capitale dei Reali Presidi. A testimonianza del periodo, restano molte opere architettoniche e militari, come le diverse torri di avvistamento, che possiamo ritrovare su tutto il Monte Argentario. I forti di Porto Ercole (Rocca, Santa Caterina, Forte Filippo e Forte Stella), nonché lo stesso paese vecchio arroccato sul promontorio, la fortezza di Porto Santo Stefano e la Polveriera Guzman di Orbetello. Di notevole importanza è la fortezza chiamata "I Bastioni", che sorge sulla sommità della quale spicca il Cassero, costruito dall'architetto militare Lorenzo di Pietro. Nella piazza della fortezza sorge la piccola Chiesa di S. Maria delle Grazie, dove al suo interno è conservato un affresco di scuola senese raffigurante la “Vergine col Bambino” seduta sul trono tra i Santi Pietro e Paolo. L'autore del dipinto, che risale al XV secolo, è sconosciuto ma lo si attribuisce a Neroccio de Landi che pare abitasse ad Orbetello in quel periodo. Il centro storico è circondato dalle mura etrusche per circa 2 chilometri. Costruite con blocchi poligonali, le mura risalgono probabilmente al V secolo a.C. Proseguendo per le Mura di Ponente, sulla sinistra delle Piazze della Repubblica e del Duomo, sorge l'antica Cattedrale di Santa Maria Assunta. Fu costruita su un tempio etrusco-romano (riconsacrato al tempo di Onorio) e abbellita dagli Orsini, nel 1315, con una facciata in stile gotico-toscano. Da vedere è l'antica Caserma Umberto I, già Istituto Religioso, che attualmente ospita il prezioso Frontone di Talamone. Passeggiando per il Corso si possono ammirare il Palazzo del Governatore, sormontato dalla Torre dell'Orologio ed il Monumento a Garibaldi, opera di Ettore Ferrari (1887).
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Orbetello
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"Fino al 1930 si entrava in città, titolo che Orbetello ebbe da Siena, passando per un ponte levatoio, quasi camminando sull'acqua. Infatti la sua cerchia delle mura saliva dalla laguna e gli Spagnoli avevano scavato, immediatamente al di là dei bastioni, un largo fossato che univa i due specchi lagunari isolando Orbetello dalla terraferma. La cittadina era un'isola sorgente dalle acque, ed Anadiomene la chiamò infatti un suo eclettico figlio, Raffaele del Rosso, il quale la sognava porto di Roma. Per i vecchi orbetellani era invece la "Piccola Venezia", e a chi faceva loro notare che, forse, nell'appellativo traspariva un po' di presunzione, rispondevano con modestia di non avere mai pensato che Venezia fosse...la grande Orbetello!" Città di Anadiomene quindi, "città che sorge sul mare", Orbetello forse nasceva già durante l’età del bronzo e il disegno della storia si perde nei secoli, dalle tracce etrusche, romane, medievali fino al grande momento dello Stato dei Presidi Spagnolo. La cittadina sorge nel mezzo di una laguna ed è unita al Monte Argentario tramite una strada costruita nel 1841 su un terrapieno artificiale (la Diga), che ha diviso la laguna in due specchi d’acqua, la Laguna di Levante e la Laguna di Ponente. Due lingue di terra, dette Tomboli della Feniglia e della Giannella, che offrono al visitatore diversi chilometri di incantevoli spiagge. La posizione naturale di Orbetello è fuori dal comune e questa sua particolare conformazione geografica l’ha sempre resa ambita terra di conquista. I primi abitatori della zona furono gli etruschi (fin dal VII secolo a.C.) che, intorno al V secolo a.C., eressero mura difensive nell’area dell’attuale centro storico, ancora visibili. Il territorio passò nel 273 a.C. sotto il controllo dei Romani che vi fondarono la colonia di Cosa (Ansedonia). Della città di Orbetello per un lungo periodo storico non si hanno notizie precise fino all'anno 805, data in cui nella Bolla Leonino-Carolingia Carlo Magno e papa Leone III la donarono all'Abbazia delle Tre Fontane. Tra il XIII e il XVI secolo fu dominio degli Aldobrandeschi, di Orvieto, degli Orsini e, infine, della Repubblica di Siena. Sotto la dominazione senese, nella laguna erano stati eretti nove grandi mulini, poi restaurati dagli spagnoli e successivamente distrutti: uno solo è ancora ben visibile appena fuori Orbetello. Dopo la sconfitta di Siena da parte dei Medici, nel 1557 Orbetello divenne capitale dello Stato dei Presidi sotto il controllo spagnolo. Gli spagnoli la trasformarono in un’importante base navale e realizzarono diverse strutture fortificate che caratterizzano ancora il territorio. Invano assediata dai francesi, nel 1707 agli spagnoli subentrarono gli austriaci e, successivamente, nel 1737, i Borboni di Napoli. Nel 1801 Napoleone la riunì al Regno di Etruria, poi soppresso nel 1807, anno in cui fu restaurato il Granducato di Toscana di cui Orbetello entrò a far parte. Questa decisione fu confermata anche dal successivo Congresso di Vienna (1815) per poi essere annessa, come tutta la Toscana, al Regno d’Italia nel 1861. Dalla Laguna di Orbetello, tra il 1927 e il 1933, partì Italo Balbo con uno squadrone di idrovolanti per le sue quattro crociere aeree. Orbetello è situata proprio di fronte al Promontorio dell'Argentario in una posizione così particolare da ricevere, nel corso del tempo, diversi nomi. La cittadina, grazie alla sua posizione geografica nel mezzo della tranquilla laguna, costituì sempre per i naviganti del passato un valido rifugio, protetto dalle traversie del Libeccio e del Ponente. Per questo motivo ebbe scambi e commerci fiorenti durante il periodo etrusco. Tuttavia, nel periodo che va dal 1557 al 1707, la città visse il suo massimo splendore come capitale dei Reali Presidi. A testimonianza del periodo, restano molte opere architettoniche e militari, come le diverse torri di avvistamento, che possiamo ritrovare su tutto il Monte Argentario. I forti di Porto Ercole (Rocca, Santa Caterina, Forte Filippo e Forte Stella), nonché lo stesso paese vecchio arroccato sul promontorio, la fortezza di Porto Santo Stefano e la Polveriera Guzman di Orbetello. Di notevole importanza è la fortezza chiamata "I Bastioni", che sorge sulla sommità della quale spicca il Cassero, costruito dall'architetto militare Lorenzo di Pietro. Nella piazza della fortezza sorge la piccola Chiesa di S. Maria delle Grazie, dove al suo interno è conservato un affresco di scuola senese raffigurante la “Vergine col Bambino” seduta sul trono tra i Santi Pietro e Paolo. L'autore del dipinto, che risale al XV secolo, è sconosciuto ma lo si attribuisce a Neroccio de Landi che pare abitasse ad Orbetello in quel periodo. Il centro storico è circondato dalle mura etrusche per circa 2 chilometri. Costruite con blocchi poligonali, le mura risalgono probabilmente al V secolo a.C. Proseguendo per le Mura di Ponente, sulla sinistra delle Piazze della Repubblica e del Duomo, sorge l'antica Cattedrale di Santa Maria Assunta. Fu costruita su un tempio etrusco-romano (riconsacrato al tempo di Onorio) e abbellita dagli Orsini, nel 1315, con una facciata in stile gotico-toscano. Da vedere è l'antica Caserma Umberto I, già Istituto Religioso, che attualmente ospita il prezioso Frontone di Talamone. Passeggiando per il Corso si possono ammirare il Palazzo del Governatore, sormontato dalla Torre dell'Orologio ed il Monumento a Garibaldi, opera di Ettore Ferrari (1887).
Le Mura circondano il centro storico di Orbetello nella parte affacciata sulla laguna. Vengono comunemente attribuite all'opera etrusca e romana, ma recenti studi hanno dimostrato che probabilmente la loro realizzazione risale ai Villanoviani. Essi furono un popolo dedito alla caccia ed alla pesca che abitò la zona lagunare circa 10 secoli a.C., come testimoniato anche dalla presenza, nel territorio, di alcuni reperti rinvenuti a Terrarossa di Monte Argentario e nella campagna orbetellana in località S. Donato. Le Mura sono formate da grandi pietre di forma poligonale, incastrate fra loro senza cemento. La pietra con la quale sono costruite pare che sia stata prelevata da una località marina vicino a Orbetello, quindi facilmente trasportabile. Sono dette "ciclopiche" per l'imponenza e la pesantezza dei massi di pietra che le compon-gono. Lungo il percorso della cinta muraria, probabilmente, nell'antichità si aprivano delle porte dalle quali si poteva entrare e uscire con la barca, perchè il centro di Orbetello era attraversato da canali che sboccavano in laguna.
Mura etrusche
Le Mura circondano il centro storico di Orbetello nella parte affacciata sulla laguna. Vengono comunemente attribuite all'opera etrusca e romana, ma recenti studi hanno dimostrato che probabilmente la loro realizzazione risale ai Villanoviani. Essi furono un popolo dedito alla caccia ed alla pesca che abitò la zona lagunare circa 10 secoli a.C., come testimoniato anche dalla presenza, nel territorio, di alcuni reperti rinvenuti a Terrarossa di Monte Argentario e nella campagna orbetellana in località S. Donato. Le Mura sono formate da grandi pietre di forma poligonale, incastrate fra loro senza cemento. La pietra con la quale sono costruite pare che sia stata prelevata da una località marina vicino a Orbetello, quindi facilmente trasportabile. Sono dette "ciclopiche" per l'imponenza e la pesantezza dei massi di pietra che le compon-gono. Lungo il percorso della cinta muraria, probabilmente, nell'antichità si aprivano delle porte dalle quali si poteva entrare e uscire con la barca, perchè il centro di Orbetello era attraversato da canali che sboccavano in laguna.
Fu eretta durante il regno di Carlo II nel 1692, sulle fondamenta del Torrione della Campanella che si trovava sul lungolago di Levante. La costruzione, progettata e diretta da Ferdinando di Grunemberg, è a due piani volanti a botte. Sulla facciata, sopra il portone d'ingresso, è situato lo stemma in marmo bianco del Casato Imperiale di Spagna. L'edificio ha il tetto a capanna e quattro parafulmini davanti alle finestre, costruiti nel 1820. Nella Polveriara si conservavano la polvere da sparo ed il materiale bellico dell'esercito spagnolo, di stanza nella capitale dei Presidi. Nel 1860, la Guzman ebbe il merito di fornire munizioni e alcuni pezzi d'artiglieria alla spedizione di Giuseppe Garibaldi nelle Due Sicilie. Quando Garibaldi, infatti, sbarcò con i Mille a Talamone per simulare un attacco allo Stato Pontificio, oltre a creare un diversivo, venne ad Orbetello dove ricevette il materiale che caricò sulle navi. Oggi la Polveriera ospita il nuovo antiquarium che espone molti reperti e la collezione archeologica comunale, ricca di monili, bucchero e utensili in pietra, che coprono un arco cronologico dall'età Villanoviana a quella Romana. Molti reperti provengono da Cosa, dall'Isola del Giglio e dall’Isola di Giannutri, vasi di epoche diverse, provenienti dalla necropoli di Orbetello, fra i quali un tardo villanoviano, iscrizioni funerarie provenienti da Cosa, Talamone e Marsiliana, terrecotte e marmi architettonici etruschi del VI-V secolo a.C., basi e frammenti di colonne dell'epoca etrusca, arcaica all'età romana. La raccolta è completata dai materiali provenienti dal territorio orbetellano. Di particolare interesse è, infine, la copiosa documentazione archeologica rinvenuta nella Villa di Settefinestre, splendido esempio di villa latifondistica di età tardo-repubblicana e imperiale, i cui grandiosi resti sono visibili alcuni chilometri a sud di Capalbio.
Polveriera Guzman
Via Mura di Levante
Fu eretta durante il regno di Carlo II nel 1692, sulle fondamenta del Torrione della Campanella che si trovava sul lungolago di Levante. La costruzione, progettata e diretta da Ferdinando di Grunemberg, è a due piani volanti a botte. Sulla facciata, sopra il portone d'ingresso, è situato lo stemma in marmo bianco del Casato Imperiale di Spagna. L'edificio ha il tetto a capanna e quattro parafulmini davanti alle finestre, costruiti nel 1820. Nella Polveriara si conservavano la polvere da sparo ed il materiale bellico dell'esercito spagnolo, di stanza nella capitale dei Presidi. Nel 1860, la Guzman ebbe il merito di fornire munizioni e alcuni pezzi d'artiglieria alla spedizione di Giuseppe Garibaldi nelle Due Sicilie. Quando Garibaldi, infatti, sbarcò con i Mille a Talamone per simulare un attacco allo Stato Pontificio, oltre a creare un diversivo, venne ad Orbetello dove ricevette il materiale che caricò sulle navi. Oggi la Polveriera ospita il nuovo antiquarium che espone molti reperti e la collezione archeologica comunale, ricca di monili, bucchero e utensili in pietra, che coprono un arco cronologico dall'età Villanoviana a quella Romana. Molti reperti provengono da Cosa, dall'Isola del Giglio e dall’Isola di Giannutri, vasi di epoche diverse, provenienti dalla necropoli di Orbetello, fra i quali un tardo villanoviano, iscrizioni funerarie provenienti da Cosa, Talamone e Marsiliana, terrecotte e marmi architettonici etruschi del VI-V secolo a.C., basi e frammenti di colonne dell'epoca etrusca, arcaica all'età romana. La raccolta è completata dai materiali provenienti dal territorio orbetellano. Di particolare interesse è, infine, la copiosa documentazione archeologica rinvenuta nella Villa di Settefinestre, splendido esempio di villa latifondistica di età tardo-repubblicana e imperiale, i cui grandiosi resti sono visibili alcuni chilometri a sud di Capalbio.
Nel XVI secolo, i Senesi costruirono ad Orbetello nove molini nella laguna. Si presume che sorgessero dall'estremo lembo del paese che guarda l'Argentario, fino quasi a Terrarossa. Quando vennero realizzati la diga naturalmente non esisteva ed il grano veniva portato con i barchini. L'unico molino presente ancora oggi è conosciuto come "Molino Spagnolo", dato che, circa un secolo più tardi, il Governo spagnolo ne curò la ristrutturazione ed il consolidamento dell'intero complesso.
Molino Spagnolo
16 Via della Diga
Nel XVI secolo, i Senesi costruirono ad Orbetello nove molini nella laguna. Si presume che sorgessero dall'estremo lembo del paese che guarda l'Argentario, fino quasi a Terrarossa. Quando vennero realizzati la diga naturalmente non esisteva ed il grano veniva portato con i barchini. L'unico molino presente ancora oggi è conosciuto come "Molino Spagnolo", dato che, circa un secolo più tardi, il Governo spagnolo ne curò la ristrutturazione ed il consolidamento dell'intero complesso.
L’Idroscalo rappresenta una leggenda dell'Aeronautica, cancellata in un giorno del 1944, quando arrivarono i tedeschi con sidecar e camionette. In poche ore minarono e fecero saltare gli hangar di Nervi, i magazzini, le mense, le officine, le camerate, i garage e gli alloggi degli ufficiali. Tutto andò distrutto, si salvarono solo la palazzina del Comando e poco altro. L'Idroscalo deve la sua importanza in quanto fu protagonista di quattro grandi Trasvolate Oceaniche. Le Trasvolate, che a cavallo tra il 1928 ed il 1933, regalarono all'Italia un posto di primo piano nella storia dei raid aerei di gruppo, furono organizzate da Italo Balbo. Tutto il mondo ne parlò ed in particolar modo l'Italia fascista, in quanto l'Idroscalo "Brunetta" era famoso anche in Asia e in America. Negli anni ’30, ad Orbetello, arrivarono piloti da tutto il mondo per imparare a volare "alla cieca", con le tendine dell'aereo abbassate, aiutati da strumentazioni di bordo all'avanguardia per quei tempi, come il radiogoniometro.
Idroscalo di Orbetello
8 Viale Marconi
L’Idroscalo rappresenta una leggenda dell'Aeronautica, cancellata in un giorno del 1944, quando arrivarono i tedeschi con sidecar e camionette. In poche ore minarono e fecero saltare gli hangar di Nervi, i magazzini, le mense, le officine, le camerate, i garage e gli alloggi degli ufficiali. Tutto andò distrutto, si salvarono solo la palazzina del Comando e poco altro. L'Idroscalo deve la sua importanza in quanto fu protagonista di quattro grandi Trasvolate Oceaniche. Le Trasvolate, che a cavallo tra il 1928 ed il 1933, regalarono all'Italia un posto di primo piano nella storia dei raid aerei di gruppo, furono organizzate da Italo Balbo. Tutto il mondo ne parlò ed in particolar modo l'Italia fascista, in quanto l'Idroscalo "Brunetta" era famoso anche in Asia e in America. Negli anni ’30, ad Orbetello, arrivarono piloti da tutto il mondo per imparare a volare "alla cieca", con le tendine dell'aereo abbassate, aiutati da strumentazioni di bordo all'avanguardia per quei tempi, come il radiogoniometro.
In Piazza della Repubblica sorge l'antica Cattedrale di Santa Maria Assunta, chiamata da tutti gli orbetellani "Il Duomo". Il Duomo di Orbetello si trova quasi certamente sopra i resti di un tempio romano (tesi non confermata è che sia quello dedicato a Giove Vicilino). Già nel Settecento, nel corso di lavori, furono rinvenuti materiali di epoche diverse e, nel 1902, resti etruschi e Romani (acquisiti dal Museo archeologico di Firenze). si trova sull'altare maggiore. Nel 1376 ci fu una la ristrutturazione, in stile tardo-gotico con motivi già pre-rinascimentali. L'edificio comprendeva una sola navata con transetto, ma successivamente, nel 1585, tutto l'edificio venne ampliato con navate laterali che hanno modificato sostanzialmente anche la forma originaria della facciata. La facciata ha assunto la fisionomia attuale con l'aggiunta della Cappella di San Biagio, visibile anche dall'esterno con la cupola avente quattro guglie barocche. Il portale, restaurato nel 1923 dall'Opificio delle Pietre dure di Firenze, è inquadrato fra rilievi con simbologie eucaristiche di tralci d'uva in marmo bianco che partono dal basso da una figura umana sulla sinistra e da un vaso sulla destra; nella strombatura si affiancano colonnine a tortiglioni, rosette e punte di diamante. In alto a sinistra compare l'emblema di Orbetello: il leone che infiocina un pesce, secondo la tradizione, il leone è quello senese, assegnato alla città lagunare con gli attributi della pesca dopo la conquista da parte di Siena avvenuta nel 1414. Sul muro laterale destro della cattedrale, è inserito un rilevo marmoreo funerario di età repubblicana. La torre campanaria è della fine dell'Ottocento ed ha sostituito due campanili precedenti: il primo duecentesco, il secondo in stile barocco. Anche l'interno è completamente ristrutturato in stile barocco, con pavimenti del presbiterio di maioliche policrome napoletane del XVII secolo e una Madonna della stessa epoca che, insieme a qualche pietra tombale, testimoniano il periodo spagnolo. Nel 1974, la Cattedrale subì due incendi alla distanza di 7 mesi l'uno dall'altro che causarono numerosi danni alla Cappella di San Biagio e alla Cappella del SS. Sacramento. Si trattò, probabilmente, di due incendi dolosi, dato che il primo, sviluppatosi l'11 febbraio, è coinciso con l'anniversario della Conciliazione fra Stato e Chiesa. All'interno del Duomo, si possono ammirare interessanti opere artistiche, come gli stucchi della Cappella del SS. Sacramento, la serie dei Misteri del S. Rosario, il Confessionale di San Paolo della Croce, in ricordo dell'opera apostolica prestata dal Santo in Orbetello, e la scultura in legno della Vergine Assunta, realizzata dagli Spagnoli nel 1600 insieme alla Cappella in stile barocco dedicata a San Biagio.
Parish S. Maria Assunta
81 Via Roma
In Piazza della Repubblica sorge l'antica Cattedrale di Santa Maria Assunta, chiamata da tutti gli orbetellani "Il Duomo". Il Duomo di Orbetello si trova quasi certamente sopra i resti di un tempio romano (tesi non confermata è che sia quello dedicato a Giove Vicilino). Già nel Settecento, nel corso di lavori, furono rinvenuti materiali di epoche diverse e, nel 1902, resti etruschi e Romani (acquisiti dal Museo archeologico di Firenze). si trova sull'altare maggiore. Nel 1376 ci fu una la ristrutturazione, in stile tardo-gotico con motivi già pre-rinascimentali. L'edificio comprendeva una sola navata con transetto, ma successivamente, nel 1585, tutto l'edificio venne ampliato con navate laterali che hanno modificato sostanzialmente anche la forma originaria della facciata. La facciata ha assunto la fisionomia attuale con l'aggiunta della Cappella di San Biagio, visibile anche dall'esterno con la cupola avente quattro guglie barocche. Il portale, restaurato nel 1923 dall'Opificio delle Pietre dure di Firenze, è inquadrato fra rilievi con simbologie eucaristiche di tralci d'uva in marmo bianco che partono dal basso da una figura umana sulla sinistra e da un vaso sulla destra; nella strombatura si affiancano colonnine a tortiglioni, rosette e punte di diamante. In alto a sinistra compare l'emblema di Orbetello: il leone che infiocina un pesce, secondo la tradizione, il leone è quello senese, assegnato alla città lagunare con gli attributi della pesca dopo la conquista da parte di Siena avvenuta nel 1414. Sul muro laterale destro della cattedrale, è inserito un rilevo marmoreo funerario di età repubblicana. La torre campanaria è della fine dell'Ottocento ed ha sostituito due campanili precedenti: il primo duecentesco, il secondo in stile barocco. Anche l'interno è completamente ristrutturato in stile barocco, con pavimenti del presbiterio di maioliche policrome napoletane del XVII secolo e una Madonna della stessa epoca che, insieme a qualche pietra tombale, testimoniano il periodo spagnolo. Nel 1974, la Cattedrale subì due incendi alla distanza di 7 mesi l'uno dall'altro che causarono numerosi danni alla Cappella di San Biagio e alla Cappella del SS. Sacramento. Si trattò, probabilmente, di due incendi dolosi, dato che il primo, sviluppatosi l'11 febbraio, è coinciso con l'anniversario della Conciliazione fra Stato e Chiesa. All'interno del Duomo, si possono ammirare interessanti opere artistiche, come gli stucchi della Cappella del SS. Sacramento, la serie dei Misteri del S. Rosario, il Confessionale di San Paolo della Croce, in ricordo dell'opera apostolica prestata dal Santo in Orbetello, e la scultura in legno della Vergine Assunta, realizzata dagli Spagnoli nel 1600 insieme alla Cappella in stile barocco dedicata a San Biagio.
La linea della costa, al cui centro sorge Orbetello, è abbastanza complessa ed è il risultato di una lunga trasformazione, a partire dall'inabissamento della Tirrenide, contemporaneo alla formazione della catena appenninica, che determinò l'isolamento di alcune vette, rimaste poi circondate dalle acque: l'Argentario e le isole del Giglio e di Giannutri. Solo successivamente, circa un milione di anni fa, si formarono le colline sulla fascia costiera orbetellana, i colli di Sant'Angelo (dove si trova Il Casale gli Ulivi), parallelamente all'orogenesi dei monti dell'Uccellina, più a nord, e tramite i depositi di detriti di erosione, si allargò la pianura costiera. Quello che ora si chiama promontorio dell'Argentario, in epoca romana, ancora aveva le caratteristiche di un'isola, la cosiddetta Insula Matidiae, dal nome della proprietaria, figlia dell'Imperatore Traiano. Le acque marine vennero racchiuse dapprima sul lato a sud-est dal tombolo di Feniglia che, partendo da Ansedonia, progredì nel mare fino a raggiungere l'Argentario dove, in località Pertuso, pare che sia rimasto per lungo tempo un canale di comunicazione al mare aperto fino ad epoca storica, oggi completamente interrato. Dal lato nord-ovest, il processo avvenne contemporaneamente, ma con maggiore lentezza e non si compì mai del tutto perché il tombolo, detto di Giannella dal cognome di un affittuario cinquecentesco non andò a saldarsi al monte. Questo fu in parte dovuto anche all'intervento umano; i Romani, infatti, cercarono di salvare la Laguna dall'impaludamento impedendo che il bacino stagnante di acqua salmastra si isolasse del tutto dal mare, permettendo, invece, alle correnti marine di entrarvi e circolare, ossigenandolo e tenendolo vivo. Il canale di Nassa, a Santa Liberata, rimase perciò quello più largo, ed ancora è aperto, mentre furono creati altri sbocchi artificiali a Fibbia (Albinia) ed Ansedonia, per favorire il flusso delle acque. Quando Rutilio Namaziano, scrittore latino, nel 416 d.C. passò navigando lungo queste coste, scrisse nel suo itinerario: "Sporge questo monte in mezzo all'acque, e da due parti preme il curvo mare. Si allunga nei trasversali poggi per sei miglia ed il suo perimetro è di ventiquattro." La Laguna racchiusa dai tomboli è rimasta per secoli un unico specchio, fino a quando, nel 1842, venne costruita la Diga che la divise in due zone le quali, con il passare del tempo, hanno acquistato diverse caratteristiche ambientali. La Diga è lunga un chilometro circa, con cinque fornici per lo scambio idrico e a metà si apre il ponte principale: il ponte "di mezzo". Lungo il suo percorso passa la strada che porta verso l'Argentario, ma fino a cinquant'anni fa vi transitava anche un trenino locale che congiungeva Orbetello Scalo con Porto Santo Stefano.
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Duna di Feniglia
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La linea della costa, al cui centro sorge Orbetello, è abbastanza complessa ed è il risultato di una lunga trasformazione, a partire dall'inabissamento della Tirrenide, contemporaneo alla formazione della catena appenninica, che determinò l'isolamento di alcune vette, rimaste poi circondate dalle acque: l'Argentario e le isole del Giglio e di Giannutri. Solo successivamente, circa un milione di anni fa, si formarono le colline sulla fascia costiera orbetellana, i colli di Sant'Angelo (dove si trova Il Casale gli Ulivi), parallelamente all'orogenesi dei monti dell'Uccellina, più a nord, e tramite i depositi di detriti di erosione, si allargò la pianura costiera. Quello che ora si chiama promontorio dell'Argentario, in epoca romana, ancora aveva le caratteristiche di un'isola, la cosiddetta Insula Matidiae, dal nome della proprietaria, figlia dell'Imperatore Traiano. Le acque marine vennero racchiuse dapprima sul lato a sud-est dal tombolo di Feniglia che, partendo da Ansedonia, progredì nel mare fino a raggiungere l'Argentario dove, in località Pertuso, pare che sia rimasto per lungo tempo un canale di comunicazione al mare aperto fino ad epoca storica, oggi completamente interrato. Dal lato nord-ovest, il processo avvenne contemporaneamente, ma con maggiore lentezza e non si compì mai del tutto perché il tombolo, detto di Giannella dal cognome di un affittuario cinquecentesco non andò a saldarsi al monte. Questo fu in parte dovuto anche all'intervento umano; i Romani, infatti, cercarono di salvare la Laguna dall'impaludamento impedendo che il bacino stagnante di acqua salmastra si isolasse del tutto dal mare, permettendo, invece, alle correnti marine di entrarvi e circolare, ossigenandolo e tenendolo vivo. Il canale di Nassa, a Santa Liberata, rimase perciò quello più largo, ed ancora è aperto, mentre furono creati altri sbocchi artificiali a Fibbia (Albinia) ed Ansedonia, per favorire il flusso delle acque. Quando Rutilio Namaziano, scrittore latino, nel 416 d.C. passò navigando lungo queste coste, scrisse nel suo itinerario: "Sporge questo monte in mezzo all'acque, e da due parti preme il curvo mare. Si allunga nei trasversali poggi per sei miglia ed il suo perimetro è di ventiquattro." La Laguna racchiusa dai tomboli è rimasta per secoli un unico specchio, fino a quando, nel 1842, venne costruita la Diga che la divise in due zone le quali, con il passare del tempo, hanno acquistato diverse caratteristiche ambientali. La Diga è lunga un chilometro circa, con cinque fornici per lo scambio idrico e a metà si apre il ponte principale: il ponte "di mezzo". Lungo il suo percorso passa la strada che porta verso l'Argentario, ma fino a cinquant'anni fa vi transitava anche un trenino locale che congiungeva Orbetello Scalo con Porto Santo Stefano.
Chi voglia avere più chiara l'immagine della particolare conformazione della Laguna di Orbetello, nel suo complesso, può andare sulla cima del Monte Argentario e là osservare dall'alto la linea costiera che si estende a nord-est: noterà alla sua sinistra il Tombolo di Giannella, ricoperto di vegetazione mista di macchia, di pineta, campi coltivati, abitazioni e campeggi, bagnato a nord-ovest dal mare. L'ampia insenatura inizia in località Santa Liberata sul Monte Argentario e si salda alla costa alla foce dell'Albegna, nei pressi dell'abitato di Albinia. Rivolgendosi verso levante si potrà invece riconoscere il tombolo di Feniglia che si stende a sud-est fino a raggiungere la collinetta di Ansedonia, si vede la piccola isola della Formica di Burano, davanti al lago omonimo. Il tombolo della Feniglia è una riserva naturale che si estende su una striscia sabbiosa di circa 500 ettari, definita "tombolo". La Riserva Duna Feniglia rappresenta uno straordinario impegno delle Autorità locali che attorno, al 1900, decisero di espropriare le terre per pubblica autorità, dopo che secoli di tagli della preesistente macchia avevano innescato imponenti fenomeni di erosione eolica, con gravi rischi per la duna e la laguna retrostante. Una densa pineta ammanta oggi le dune sabbiose costituita da pini marittimi (Pinus pinaster) e domestici (Pinus pinea), ombreggiando il denso sottobosco di macchia mediterranea con eriche (Erica arborea, E. multiflora), mirto (Myrtus communis), alaterno (Rhamnus alaternus), fillirea (Phillyrea angustifolia), lentisco (Pistacia lentiscus), cisti (Cistus salvifolius, Cistus incanus, Cistus monspeliensis), salsapariglia (Smilax aspera) e salicornie sul bordo della laguna. Occasionalmente, presso la sponda lagunare e nelle depressioni interdunali, si incontrano anche boschetti meso-igrofili con frassini (Fraxinus oxycarpa), ornielli (F. ornus), olmi (Ulmus minor). Sono presenti anche le querce sempreverdi: il leccio (Quercus ilex) e la sughera (Q. suber). Le dune sabbiose della riva marina, invece, ospitano ginepri coccoloni (Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa) e specie erbacee, come l'euforbia delle spiagge (Euphorbia paralias), il giglio di mare (Pancratium maritimum), il poligono marittimo (Polygonum maritimum) e l'eringio (Eryngium maritimum). Sul lato del mare troviamo ancora qualche residuo di "piante pioniere" (psammophile) amanti della sabbia, che riescono a sopravvivere nonostante il continuo calpestio dell'uomo e dell'erosione marina. Sulla duna di Feniglia, nel tratto che congiunge il Promontorio ad Ansedonia, c'è una carrareccia percorribile solo a piedi o in bicicletta (uniche eccezioni i veicoli del Corpo Forestale dello Stato) dalla quale dipartono sentieri più piccoli, sabbiosi e costellati di radici affioranti che portano alla spiaggia sul mare o alla riva della Laguna di Levante. Fra i due tomboli si trova la Laguna, con l'abitato di Orbetello di cui si distingue chiaramente il centro storico racchiuso nelle sue mura, come una prua di nave, e congiunto all'Argentario dalla diga. Più lontano, l'abitato che raggiunge la zona della stazione e la ferrovia stessa sullo sfondo dei colli di Sant'Angelo. La Laguna di Orbetello è l'ultimo rimasto dei laghi costieri toscani: la sua sopravvivenza all'impaludamento avvenuto, invece, per gli altri, oltre ai fattori naturali, si deve anche alla tutela ambientale, alla continua manutenzione ed alle opere periodiche di risanamento che si sono intensificate negli ultimi dieci anni per arginare il crescente fenomeno di un'imponente fioritura algale e per consentire la pesca. La Laguna si estende per 2700 ettari e ha due sbocchi al mare: il canale artificiale di Ansedonia ed il canale naturale di Nassa (Santa Liberata) che è il più importante ed è navigabile. Ha poi un terzo sbocco artificiale alla foce dell'Albegna (Fibbia) dove è presente acqua dolce che affiora dal fondo della Laguna in altre numerose polle. Le uscite di Fibbia e di Ansedonia sono dotate di chiuse, per la necessità di ricambio delle acque della Laguna e degli spostamenti del pesce. Essendo una delle poche aree umide della costa tirrenica, la laguna è diventata meta di passo e sosta di una grande quantità di uccelli: se ne contano 257 specie (ma altre se ne stanno aggiungendo di recente) di cui circa 70 nidificanti. Gli uccelli trovano qui un habitat ideale grazie all'abbondanza di pesce e di invertebrati di cui possono nutrirsi. I più numerosi sono svassi, sterne, gabbiani, anatre e folaghe (circa diecimila ogni inverno). Ci sono anche diverse migliaia fra codoni, fischioni, alzavole, morette e moriglioni e di limicoli (pittime, pettegole, totani, piovanelli, gambecci, beccaccini), ci sono anche una ventina di aironi maggiori e altrettante spatole. I fenicotteri si sono moltiplicati e ora se ne contano da 500 a 2000 per tutto l'anno. La nidificazione non è costante perchè risente delle variazioni di livello delle acque e del disturbo umano. Fra i nidificanti ci sono la garzetta e l'airone cinerino, l'occhione, il gruggine e il cavaliere d'Italia. I cormorani hanno avuto un enorme sviluppo, raggiungendo gli 8500 esemplari qualche tempo fa, ora ridotti a 1500 circa. Le acque della laguna di levante sono più profonde e meno salmastre (fino a due metri di profondità) e per queste caratteristiche vi sostano uccelli che si nutrono sul fondo (folaghe, anatre tuffatrici, tuffetti, svassi, cormorani) e sulle sue rive crescono canneti dove trovano rifugio per la sosta e per la nidificazione altri uccelli (gallinelle d'acqua, porciglioni, voltolini, cannareccioni, cannaiole, beccamoschini). Sulla riva sud-est, lungo il tombolo di Feniglia, si susseguono piccoli specchi stagnanti, fra la macchia mediterranea, che ospitano cavalieri d'Italia, germani reali e aironi cenerini. La Laguna di Ponente, dalla salinità più elevata, ha le rive coperte di salicornia e dalla parte dell'entroterra è caratterizzata da isolotti fangosi. Nel 1971 è stata istituita l’Oasi di Orbetello ed aveva un'estensione di 870 ettari; nel 1977 è stata inserita nei luoghi di valore internazionale secondo il “Trattato intergovernativo di Ramsar”, stipulato in Iran nel 1971, che aveva come obiettivo la conservazione e l'uso corretto delle zone umide tramite l'azione, nazionale o internazionale, di cooperazione per raggiungere uno sviluppo sostenibile. Nel 1980 diventa anche Riserva Naturale dello Stato e nel 1998 è istituita anche come Riserva Naturale della Provincia. Durante questi anni il WWF è riuscito ad acquistare, attraverso campagne di sensibilizzazione, il Bosco di Patanella ed altri piccoli appezzamenti di terreno e ad oggi l'Oasi misura circa 1500 ettari. Dal 1973, il WWF si è curato della conservazione e del mantenimento del “Casale della Giannella”, costruito tra il 1821 ed il 1822, utilizzandolo a fini naturalistici, didattici e quindi anche per attività legate allo studio dell'ambiente. Il WWF Italia, nel 1989, ha realizzato il Centro di Educazione Ambientale (CEA) Aurelio Pecci che si caratterizza per il ricco contenuto ambientale a disposizione (mare, tombolo, laguna) e la bellezza del manufatto. La struttura è composta da un Casale Spagnolo del 1600 e da tre casali di inizio secolo. Presso il Casale è allestito il "Giardino delle farfalle", un osservatorio sulla laguna e pannelli didattici. Il Giardino delle Farfalle è corredato da un percorso costellato da cartelli e tabelloni in cui sono descritte alcune specie di farfalle (Lepidotteri) e il loro ciclo biologico. Tra le tante piante presenti, c'è anche l'ortica che attira molte farfalle. Questi insetti vivono in un'oasi dove possono nutrirsi e riprodursi senza temere diserbanti ed insetticidi che hanno causato, in molte zone, la scomparsa dei fiori spontanei di cui esse vivono e quindi, il loro sterminio. Nelle giornate tiepide di febbraio e marzo, si possono vedere volare le cedronelle, farfalle dalle ali di colore giallo limone, mentre il bruco verde e cilindrico vive su varie specie di alterno o legno puzzo (Rhamnus alaternus), pianta tipica della macchia mediterranea. Dall'inizio della primavera ad ottobre si può osservare la cavolaia, molto comune, dalle ali bianche con poche macchie nere, che vive a danno dei cavoli e di tutte le altre Crocifere (cavolfiore, ravanello, rapa, broccolo). E’ possibile notare anche le vanesse, di taglia piccola o medio-grande, e il macaone, una farfalla dalle grandi ali a coda di rondine di colore giallo e nero, che vive dove ci sono piante di carote e finocchi selvatici, di cui si nutre il grosso e variopinto bruco. Più difficile è incontrare la polissena (Zerynthia poliyxena), farfalla diffusa in tutta Italia, tranne che in Sardegna, il cui bruco vive su varie specie dell'Aristolochia, una pianta presente soprattutto al Ceriolo, presso Albinia. L'Oasi di Orbetello comprende tre itinerari di visita: il primo è quello ornitologico, il più attrezzato, e permette l'osservazione dell'avifauna grazie ad un percorso di nove capanni posti sulle rive della laguna. Il secondo è quello botanico che permette di osservare e ammirare i vari ambienti che compongono l'Oasi, si trova al Km 148 della Strada Statale 1 Aurelia. Il terzo itinerario è quello del Bosco di Patanella dove è possibile una passeggiata in riva alla laguna tra pini e sugheri e dove sono presenti alcuni capanni per l'osservazione. Lo Stato dei Reali Presìdi La storia dei Reali Presidi ha inizio con la dominazione spagnola, ma si apre in realtà con una leggenda: quella della "Bella Marsilia". Si racconta che Margherita Marsili, detta "la Rossa" o "Rossellana", fosse una giovane bellissima, dei nobili signori del Collecchio, che possedeva le terre sui colli dell'Uccellina, detta ancora oggi "della bella Marsilia". Qui la giovane passava l'estate scendendo alla spiaggia sottostante, quella di Cala di Forno, dove un giorno del 1543 fu rapita dai corsari turchi e portata ad Instambul, dove il sultano Solinano I la elesse fra le sue favorite e da lei ebbe due figli. La leggenda prosegue a ritrarre la bella anche come intrigante e crudele quando, per favorire uno dei suoi figli a danno di un altro pretendente alla successione, tramò per far uccidere il rivale e riuscì nell'impresa. Il figlio fu dunque Selim II, sconfitto nella celebre battaglia di Lepanto. Probabilmente questa è una favola, ma è certo che in quegli anni i Turchi compivano le più temibili scorribande sulle nostre coste, nel loro progetto espansionistico verso occidente. A partire dal 1534, dopo l'occupazione di Tunisi da parte del capitano del mare (comandante supremo della flotta turca) Khair Ade-Din, in italiano Ariodeno detto il Barbarossa. Proprio in questo periodo, si crearono i presupposti per l'occupazione spagnola. Si combatteva allora la guerra tra la Francia di Francesco I e l'Impero di Carlo V, fra gli assalti turchi e le incursioni della flotta papale (nel 1526 Andrea Doria conquistò facilmente Orbetello, Porto Ercole e Talamone); anche Siena travagliata al suo interno, chiese l'intervento di Carlo V che inviò le galere del vicere di Napoli. Ariodeno, alleato dei francesi, nonostante la tregua del 1544, assalì Talamone bombardando il paese e trucidando i suoi abitanti, conquistò senza sforzo Porto Ercole, poi, non riuscendo a trovare un varco nelle difese di Orbetello, se ne andò, non senza aver fatto schiavi tutti gli abitanti dell'isola del Giglio. Il suo successore, il terribile corsaro Rais Dorghut – italianizzato in Dragut - infestò ancor più le nostre coste con le sue terribili scorribande a partire dal 1551. Tra il 1552 e il 1557 Orbetello divenne un'imprendibile cittadella dove gli Spagnoli si asserragliarono per difendersi dagli attacchi dei francesi e dei senesi che avevano conquistato Porto Ercole. Nel 1555 cadde Siena e Porto Ercole fu conquistata dalle truppe di Carlo V d’Asburgo e del Duca Cosimo I de’ Medici, dopo una lunga battaglia. Orbetello passò, quindi, ufficialmente sotto il dominio spagnolo dopo che Carlo V cedette Siena al duca Cosimo I, mantenendo Orbetello come capitale di un piccolo stato per il figlio Filippo II. Lo stato comprendeva anche Talamone, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, e Ansedonia. La superficie territoriale era di circa 300 kmq, la sua funzione quella di costituire una testa di ponte spagnola nell'Italia centrale. Nacque così nel 1557 lo Stato dei Reali Presìdi di Spagna, dipendente dal vicerè di Napoli, con un Governatore locale, residente ad Orbetello, cittadina che divenne centro di grande importanza strategica. Fino al 1707 lo stato fu amministrato dai vicerè spagnoli che risiedevano a Napoli, poi, in seguito alla guerra di successione polacca, fino al 1737 passò sotto la giurisdizione austriaca (con vicerè austriaci sempre residenti a Napoli). Assegnato, infine, ai Borboni di Napoli fino al 1800, lo stato non ebbe più vicerè, ma fu amministrato direttamente dalla monarchia borbonica. Durante l'anno 1800 conservò ancora l'identità di stato sotto la Francia, dopo la conquista napoleonica, ma l'anno successivo cessava di esistere, annesso al Regno d'Etruria e poi al Granducato di Toscana.
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Giannella
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Chi voglia avere più chiara l'immagine della particolare conformazione della Laguna di Orbetello, nel suo complesso, può andare sulla cima del Monte Argentario e là osservare dall'alto la linea costiera che si estende a nord-est: noterà alla sua sinistra il Tombolo di Giannella, ricoperto di vegetazione mista di macchia, di pineta, campi coltivati, abitazioni e campeggi, bagnato a nord-ovest dal mare. L'ampia insenatura inizia in località Santa Liberata sul Monte Argentario e si salda alla costa alla foce dell'Albegna, nei pressi dell'abitato di Albinia. Rivolgendosi verso levante si potrà invece riconoscere il tombolo di Feniglia che si stende a sud-est fino a raggiungere la collinetta di Ansedonia, si vede la piccola isola della Formica di Burano, davanti al lago omonimo. Il tombolo della Feniglia è una riserva naturale che si estende su una striscia sabbiosa di circa 500 ettari, definita "tombolo". La Riserva Duna Feniglia rappresenta uno straordinario impegno delle Autorità locali che attorno, al 1900, decisero di espropriare le terre per pubblica autorità, dopo che secoli di tagli della preesistente macchia avevano innescato imponenti fenomeni di erosione eolica, con gravi rischi per la duna e la laguna retrostante. Una densa pineta ammanta oggi le dune sabbiose costituita da pini marittimi (Pinus pinaster) e domestici (Pinus pinea), ombreggiando il denso sottobosco di macchia mediterranea con eriche (Erica arborea, E. multiflora), mirto (Myrtus communis), alaterno (Rhamnus alaternus), fillirea (Phillyrea angustifolia), lentisco (Pistacia lentiscus), cisti (Cistus salvifolius, Cistus incanus, Cistus monspeliensis), salsapariglia (Smilax aspera) e salicornie sul bordo della laguna. Occasionalmente, presso la sponda lagunare e nelle depressioni interdunali, si incontrano anche boschetti meso-igrofili con frassini (Fraxinus oxycarpa), ornielli (F. ornus), olmi (Ulmus minor). Sono presenti anche le querce sempreverdi: il leccio (Quercus ilex) e la sughera (Q. suber). Le dune sabbiose della riva marina, invece, ospitano ginepri coccoloni (Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa) e specie erbacee, come l'euforbia delle spiagge (Euphorbia paralias), il giglio di mare (Pancratium maritimum), il poligono marittimo (Polygonum maritimum) e l'eringio (Eryngium maritimum). Sul lato del mare troviamo ancora qualche residuo di "piante pioniere" (psammophile) amanti della sabbia, che riescono a sopravvivere nonostante il continuo calpestio dell'uomo e dell'erosione marina. Sulla duna di Feniglia, nel tratto che congiunge il Promontorio ad Ansedonia, c'è una carrareccia percorribile solo a piedi o in bicicletta (uniche eccezioni i veicoli del Corpo Forestale dello Stato) dalla quale dipartono sentieri più piccoli, sabbiosi e costellati di radici affioranti che portano alla spiaggia sul mare o alla riva della Laguna di Levante. Fra i due tomboli si trova la Laguna, con l'abitato di Orbetello di cui si distingue chiaramente il centro storico racchiuso nelle sue mura, come una prua di nave, e congiunto all'Argentario dalla diga. Più lontano, l'abitato che raggiunge la zona della stazione e la ferrovia stessa sullo sfondo dei colli di Sant'Angelo. La Laguna di Orbetello è l'ultimo rimasto dei laghi costieri toscani: la sua sopravvivenza all'impaludamento avvenuto, invece, per gli altri, oltre ai fattori naturali, si deve anche alla tutela ambientale, alla continua manutenzione ed alle opere periodiche di risanamento che si sono intensificate negli ultimi dieci anni per arginare il crescente fenomeno di un'imponente fioritura algale e per consentire la pesca. La Laguna si estende per 2700 ettari e ha due sbocchi al mare: il canale artificiale di Ansedonia ed il canale naturale di Nassa (Santa Liberata) che è il più importante ed è navigabile. Ha poi un terzo sbocco artificiale alla foce dell'Albegna (Fibbia) dove è presente acqua dolce che affiora dal fondo della Laguna in altre numerose polle. Le uscite di Fibbia e di Ansedonia sono dotate di chiuse, per la necessità di ricambio delle acque della Laguna e degli spostamenti del pesce. Essendo una delle poche aree umide della costa tirrenica, la laguna è diventata meta di passo e sosta di una grande quantità di uccelli: se ne contano 257 specie (ma altre se ne stanno aggiungendo di recente) di cui circa 70 nidificanti. Gli uccelli trovano qui un habitat ideale grazie all'abbondanza di pesce e di invertebrati di cui possono nutrirsi. I più numerosi sono svassi, sterne, gabbiani, anatre e folaghe (circa diecimila ogni inverno). Ci sono anche diverse migliaia fra codoni, fischioni, alzavole, morette e moriglioni e di limicoli (pittime, pettegole, totani, piovanelli, gambecci, beccaccini), ci sono anche una ventina di aironi maggiori e altrettante spatole. I fenicotteri si sono moltiplicati e ora se ne contano da 500 a 2000 per tutto l'anno. La nidificazione non è costante perchè risente delle variazioni di livello delle acque e del disturbo umano. Fra i nidificanti ci sono la garzetta e l'airone cinerino, l'occhione, il gruggine e il cavaliere d'Italia. I cormorani hanno avuto un enorme sviluppo, raggiungendo gli 8500 esemplari qualche tempo fa, ora ridotti a 1500 circa. Le acque della laguna di levante sono più profonde e meno salmastre (fino a due metri di profondità) e per queste caratteristiche vi sostano uccelli che si nutrono sul fondo (folaghe, anatre tuffatrici, tuffetti, svassi, cormorani) e sulle sue rive crescono canneti dove trovano rifugio per la sosta e per la nidificazione altri uccelli (gallinelle d'acqua, porciglioni, voltolini, cannareccioni, cannaiole, beccamoschini). Sulla riva sud-est, lungo il tombolo di Feniglia, si susseguono piccoli specchi stagnanti, fra la macchia mediterranea, che ospitano cavalieri d'Italia, germani reali e aironi cenerini. La Laguna di Ponente, dalla salinità più elevata, ha le rive coperte di salicornia e dalla parte dell'entroterra è caratterizzata da isolotti fangosi. Nel 1971 è stata istituita l’Oasi di Orbetello ed aveva un'estensione di 870 ettari; nel 1977 è stata inserita nei luoghi di valore internazionale secondo il “Trattato intergovernativo di Ramsar”, stipulato in Iran nel 1971, che aveva come obiettivo la conservazione e l'uso corretto delle zone umide tramite l'azione, nazionale o internazionale, di cooperazione per raggiungere uno sviluppo sostenibile. Nel 1980 diventa anche Riserva Naturale dello Stato e nel 1998 è istituita anche come Riserva Naturale della Provincia. Durante questi anni il WWF è riuscito ad acquistare, attraverso campagne di sensibilizzazione, il Bosco di Patanella ed altri piccoli appezzamenti di terreno e ad oggi l'Oasi misura circa 1500 ettari. Dal 1973, il WWF si è curato della conservazione e del mantenimento del “Casale della Giannella”, costruito tra il 1821 ed il 1822, utilizzandolo a fini naturalistici, didattici e quindi anche per attività legate allo studio dell'ambiente. Il WWF Italia, nel 1989, ha realizzato il Centro di Educazione Ambientale (CEA) Aurelio Pecci che si caratterizza per il ricco contenuto ambientale a disposizione (mare, tombolo, laguna) e la bellezza del manufatto. La struttura è composta da un Casale Spagnolo del 1600 e da tre casali di inizio secolo. Presso il Casale è allestito il "Giardino delle farfalle", un osservatorio sulla laguna e pannelli didattici. Il Giardino delle Farfalle è corredato da un percorso costellato da cartelli e tabelloni in cui sono descritte alcune specie di farfalle (Lepidotteri) e il loro ciclo biologico. Tra le tante piante presenti, c'è anche l'ortica che attira molte farfalle. Questi insetti vivono in un'oasi dove possono nutrirsi e riprodursi senza temere diserbanti ed insetticidi che hanno causato, in molte zone, la scomparsa dei fiori spontanei di cui esse vivono e quindi, il loro sterminio. Nelle giornate tiepide di febbraio e marzo, si possono vedere volare le cedronelle, farfalle dalle ali di colore giallo limone, mentre il bruco verde e cilindrico vive su varie specie di alterno o legno puzzo (Rhamnus alaternus), pianta tipica della macchia mediterranea. Dall'inizio della primavera ad ottobre si può osservare la cavolaia, molto comune, dalle ali bianche con poche macchie nere, che vive a danno dei cavoli e di tutte le altre Crocifere (cavolfiore, ravanello, rapa, broccolo). E’ possibile notare anche le vanesse, di taglia piccola o medio-grande, e il macaone, una farfalla dalle grandi ali a coda di rondine di colore giallo e nero, che vive dove ci sono piante di carote e finocchi selvatici, di cui si nutre il grosso e variopinto bruco. Più difficile è incontrare la polissena (Zerynthia poliyxena), farfalla diffusa in tutta Italia, tranne che in Sardegna, il cui bruco vive su varie specie dell'Aristolochia, una pianta presente soprattutto al Ceriolo, presso Albinia. L'Oasi di Orbetello comprende tre itinerari di visita: il primo è quello ornitologico, il più attrezzato, e permette l'osservazione dell'avifauna grazie ad un percorso di nove capanni posti sulle rive della laguna. Il secondo è quello botanico che permette di osservare e ammirare i vari ambienti che compongono l'Oasi, si trova al Km 148 della Strada Statale 1 Aurelia. Il terzo itinerario è quello del Bosco di Patanella dove è possibile una passeggiata in riva alla laguna tra pini e sugheri e dove sono presenti alcuni capanni per l'osservazione. Lo Stato dei Reali Presìdi La storia dei Reali Presidi ha inizio con la dominazione spagnola, ma si apre in realtà con una leggenda: quella della "Bella Marsilia". Si racconta che Margherita Marsili, detta "la Rossa" o "Rossellana", fosse una giovane bellissima, dei nobili signori del Collecchio, che possedeva le terre sui colli dell'Uccellina, detta ancora oggi "della bella Marsilia". Qui la giovane passava l'estate scendendo alla spiaggia sottostante, quella di Cala di Forno, dove un giorno del 1543 fu rapita dai corsari turchi e portata ad Instambul, dove il sultano Solinano I la elesse fra le sue favorite e da lei ebbe due figli. La leggenda prosegue a ritrarre la bella anche come intrigante e crudele quando, per favorire uno dei suoi figli a danno di un altro pretendente alla successione, tramò per far uccidere il rivale e riuscì nell'impresa. Il figlio fu dunque Selim II, sconfitto nella celebre battaglia di Lepanto. Probabilmente questa è una favola, ma è certo che in quegli anni i Turchi compivano le più temibili scorribande sulle nostre coste, nel loro progetto espansionistico verso occidente. A partire dal 1534, dopo l'occupazione di Tunisi da parte del capitano del mare (comandante supremo della flotta turca) Khair Ade-Din, in italiano Ariodeno detto il Barbarossa. Proprio in questo periodo, si crearono i presupposti per l'occupazione spagnola. Si combatteva allora la guerra tra la Francia di Francesco I e l'Impero di Carlo V, fra gli assalti turchi e le incursioni della flotta papale (nel 1526 Andrea Doria conquistò facilmente Orbetello, Porto Ercole e Talamone); anche Siena travagliata al suo interno, chiese l'intervento di Carlo V che inviò le galere del vicere di Napoli. Ariodeno, alleato dei francesi, nonostante la tregua del 1544, assalì Talamone bombardando il paese e trucidando i suoi abitanti, conquistò senza sforzo Porto Ercole, poi, non riuscendo a trovare un varco nelle difese di Orbetello, se ne andò, non senza aver fatto schiavi tutti gli abitanti dell'isola del Giglio. Il suo successore, il terribile corsaro Rais Dorghut – italianizzato in Dragut - infestò ancor più le nostre coste con le sue terribili scorribande a partire dal 1551. Tra il 1552 e il 1557 Orbetello divenne un'imprendibile cittadella dove gli Spagnoli si asserragliarono per difendersi dagli attacchi dei francesi e dei senesi che avevano conquistato Porto Ercole. Nel 1555 cadde Siena e Porto Ercole fu conquistata dalle truppe di Carlo V d’Asburgo e del Duca Cosimo I de’ Medici, dopo una lunga battaglia. Orbetello passò, quindi, ufficialmente sotto il dominio spagnolo dopo che Carlo V cedette Siena al duca Cosimo I, mantenendo Orbetello come capitale di un piccolo stato per il figlio Filippo II. Lo stato comprendeva anche Talamone, Porto Ercole, Porto Santo Stefano, e Ansedonia. La superficie territoriale era di circa 300 kmq, la sua funzione quella di costituire una testa di ponte spagnola nell'Italia centrale. Nacque così nel 1557 lo Stato dei Reali Presìdi di Spagna, dipendente dal vicerè di Napoli, con un Governatore locale, residente ad Orbetello, cittadina che divenne centro di grande importanza strategica. Fino al 1707 lo stato fu amministrato dai vicerè spagnoli che risiedevano a Napoli, poi, in seguito alla guerra di successione polacca, fino al 1737 passò sotto la giurisdizione austriaca (con vicerè austriaci sempre residenti a Napoli). Assegnato, infine, ai Borboni di Napoli fino al 1800, lo stato non ebbe più vicerè, ma fu amministrato direttamente dalla monarchia borbonica. Durante l'anno 1800 conservò ancora l'identità di stato sotto la Francia, dopo la conquista napoleonica, ma l'anno successivo cessava di esistere, annesso al Regno d'Etruria e poi al Granducato di Toscana.